Il barone Julius Evola

Nell'introduzione alle Enneadi Porfirio scrisse di Plotino: "Della sua origine dei suoi parenti, della sua patria non amava parlare: né mai permise che pittore o scultore gli facesse il ritratto, quasi si vergognasse di avere un corpo".

Di Julius Evola si potrebbe dire la stessa cosa: degli anni dell'infanzia e dell'adolescenza infatti sappiamo poco o nulla, e poco o nulla conosciamo, attraverso di lui, di episodi, esperienze o solo aneddoti della sua vita. Giulio Cesare Andrea Evola nasce a Roma il 19 maggio del 1898 da un'antica famiglia siciliana di nobili origini, le prime notizie, scarne, che lo riguardano le apprendiamo dal Cammino del Cinabro, che vi invitiamo a consultare se siete interessati alla sua biografia. Un libro che possiamo tranquillamente definire la sua autobiografia spirituale, in cui però Evola non si abbandona mai all'onda dei ricordi: si ha così l'impressione che nulla nella sua vita sia stato lasciato in sospeso e che soprattutto lui stesso considerasse la sua persona semplicemente come il veicolo, lo strumento, il canale di trasmissione dell'idea tradizionale e della sua etica che ammonisce non esser importante chi agisce ma l'azione compiuta. Unico esponente del dadaismo italiano, è stato legato a Tristan Tzara ed al movimento più radicale delle avanguardie artistiche del Novecento. Ma qui ci interessa il suo lavoro di studioso e pensatore.

Nel 1934 viene pubblicata la sua opera fondamentale: "Rivolta contro il mondo moderno". Evola traccia un affresco grandioso della morfologia della storia che vien letta con lo schema ciclico tradizionale delle quattro età (oro, argento, bronzo, ferro, nella tradizione occidentale; satva, treta, dvapara, kali yuga, in quella indù), comune ad Oriente ed Occidente.
Il libro si divide in due parti: la prima tratta di "una dottrina delle categorie dello spirito tradizionale: la regalità, la legge, lo stato, l'Impero, il rito e il patriziato, l'iniziazione, le caste e la cavalleria, lo spazio, il tempo, la terra e poi il sesso, la guerra, l'ascesi e l'azione". La seconda parte contiene "un'interpretazione della storia su base tradizionale partendo dal mito". Il libro si fonda sulla dialettica tra mondo moderno e mondo della Tradizione: il mondo moderno poggia sui criteri dell'utile e del tempo, il mondo della Tradizione sui valori del sacro e dell'eternità. Quello attuale è il tempo del ferro, il kali yuga, in cui l'ordine cede al caos, il sacro alla materia, l'uomo all'animale, ove dilaga la demonia delle masse e del sesso, dell'oro e della tecnica scatenata; un'epoca senza pietà, senza luce, senza amore.
Il poeta tedesco Gottfried Benn dirà di "Rivolta contro il mondo moderno": "Chi lo legge si sentirà trasformato".

Mentre in Italia nel 1938 esce Il Manifesto della razza, Evola si manifesta subito contrario alla teoria del razzismo biologico ed elabora una teoria del "razzismo spirituale". Dal 1937 al 1941 contrappone opere sul medesimo argomento di elevato spessore: "Il mito del sangue" nel 1937 e "Sintesi di dottrina della razza" nel 1941, editi da Hoepli (oggi nel catalogo delle edizioni di Ar).
Per Evola è lo spirito che informa di sé il corpo: “Il concetto della razza dipende dall'immagine che si ha dell'uomo... Come salda base della mia formulazione presi la concezione tradizionale che nell'uomo riconosce un essere composto da tre elementi: il corpo, l'anima e lo spirito. Una teoria completa della razza doveva perciò considerare tutti tre questi elementi”.
Evola in questo lungo dopoguerra si è visto etichettare indelebilmente come razzista, che oggi è più di un'accusa, è un anatema, mentre personaggi come Guido Piovene e Luigi Chiarini negli Anni Trenta feroci antisemiti nel dopoguerra si sono ammantati di rispettabilità antifascista. Sta di fatto che Evola, per le sue posizioni in merito alla razza, fu osteggiato da ambienti ufficiali tedeschi, come oggi rivelano i documenti segreti del ministero degli interni del Reich e della Anenherbe, la sezione ideologica delle SS.
In questo periodo Evola compie alcuni viaggi, soprattutto in Germania dove tiene un numero considerevole di conferenze (i documenti segreti del ministero degli interni del Reich rivelano che è sotto stretta sorveglianza dall'Ahnenerbe,le SS gli permettono di avere ruoli culturali di rilievo solo nei casi in cui questo giovi alla causa tedesca). Dal 1940 l'Italia è in guerra: all'inizio della compagna contro l'URSS Evola chiede di partire volontario, ma la risposta giunge quando ormai l'Armir è in ritirata. Motivo del ritardo: Evola non è tesserato al partito fascista. Non ci dilunghiamo sulla sua vita, ricca di avvenimenti e prolifica di pubblicazioni, ma ci limitiamo a constatare la grande influenza del pensatore tra gli adepti della Tradizione, scevri da schieramenti politici troppo comodi e remunerativi e pronti a cavalcare la tigre in un mondo di rovine.

Scrive infatti Dino Cofrancesco, concludendo un’analisi sulla ricezione del pensiero evoliano: “Sprofondato in un mondo lontano anni luce dal nostro, il seguace di Evola può smarrire del tutto quella disposizione all’accordo, quel minimo di pragmatismo e di flessibilità richiesti non solo dalla partecipazione politica, ma anche da quella ‘collaborazione sociale’ che si richiede a livello di società civile. Tutto preso dai suoi archetipi eroici e aristocratici, l’evoliano potrebbe coltivare in sé un pathos della distanza suscettibile di diventare un cattivo consigliere. Sicché invece della torre eburnea dello studioso solitario [...] potrebbe venirgli in mente il gesto esemplare, significativo del suo profondo disprezzo verso la società mercantile di massa. Anche qui va sottolineato il potrebbe. Il cosmo evoliano è aperto a tutto. L’allucinazione vi sta di casa, ma non la banalità ‘nostalgica’, né il guasconismo neofascista.”

 

fonti: Fondazione Julius Evola, Edizioni di Ar, www.juliusevola.it