I giganti Ugo

In una frazione di Vinadio (un piccolo paese della valle Stura cuneese), Roviera, nacque nel 1876 Battista Ugo, da una famiglia di umili condizioni, e già alla nascita fece parlare di sé. Il neonato, definirlo “piccolo “ sarebbe una forzatura, pesava 7.3 chili, e aveva fiato per due. Con queste premesse, tutti nella frazione osservavano Battista crescere, e il giovane non li deluse. In prima elementare dovettero farlo accomodare ad un banco di fortuna, costruito con un tronco, il bambino infatti era già alto 120 centimetri, e incuriosiva tutti i compagni di scuola.
La famiglia era numerosa e povera, e Battista poté studiare fino alla terza elementare, prima di aiutare con le sue già notevoli forze il bilancio famigliare. Pascolava le poche mucche di famiglia, raccoglieva la legna, e andava per funghi e castagne, tutto poteva servire a far quadrare i conti, dato che frattempo era nato un altro fratellino, altrettanto fuori scala, Paolo.
La vita in montagna era dura nonostante l’abbondanza d’acqua, di agricoltura non si riusciva a sopravvivere, e così molti intraprendevano la vita stagionale dei frontalieri, andando a lavorare nella vicina Francia, aiutati da un dialetto comune, l’occitano, e da legami di parentele che risalivano indietro nei secoli. Anche Battista prese la strada della Francia, andando a Barcellonette a lavorare come boscaiolo. A 15 anni, il nostro gigantino superava il metro e novanta, e aveva, pare, muscoli degni della statura. Venne assunto a tempo pieno senza problemi, saltando a piè pari i lavori meno remunerati che toccavano a ragazzi della sua età. La paga in Francia era buona, ed il lavoro non era più faticoso di quello che gli toccava a casa. Ogni autunno il giovane tornava in famiglia, per ripresentarsi in primavera a Barcellonette, come da sempre avevano fatto le popolazioni alpine, in uno scambio che continua ancora oggi. Il lavoro in Francia non era destinato a durare a lungo, mentre si riposava la domenica in una taverna, scherzando come al solito con gli avventori, venne notato da un elegante signore: il famoso Bati, proprietario del Circo di Francia, che assoldò su due piedi Battista, per esibirlo, come andava in voga a quei tempi. Il nostro gigante aveva ormai raggiunto il suo pieno sviluppo, e con i suoi 238 cm di altezza ed i suoi 215 chili di peso doveva costituire uno spettacolo elettrizzante in un tempo in cui l’altezza media si aggirava poco oltre i 160 cm. Cominciò così la vita errabonda di una nuova stella del circo, e ogni spettacolo fu un successo. Dappertutto si vendevano le cartoline che reclamizzavano l’incredibile stazza del gigante, e la Francia si affezionò al suo nuovo beniamino. Mentre il 900 si avvicinava, tutto doveva essere grande, fuori misura, come la celebre Tour Eiffel, e Battista rispondeva in pieno all’attesa di grandeur del suo pubblico. Per compiacere le folle, il direttore gli impose di cambiare i dati anagrafici, e così il nostro ragazzone si ritrovò di colpo ad essere Baptiste Hugo, nato a S.Martin Vesubie, conosciuto come Hugo Baptiste, geant des Alpes. Nel 1905, il “fratellino” Paolo (pardon... Paul), più basso di qualche centimetro, lo raggiunse, per la gioia del pubblico che ora aveva due autentici giganti in giro per l’Hexagone. Mille aneddoti si raccontavano su di loro, alcuni inventati, altri veri, ma tutti divorati avidamente. I guanti di Battista, lunghi 34 cm e larghi 14 facevano impazzire gli artigiani, come le sue lunghe giacche alla moda, per cui occorrevano in media 750 cm di stoffa, e una scala per il sarto durante le prove. Quando in estate tornavano a Vinadio per le meritate vacanze, tutti li osservavano con avidità, e notavano come di solito Battista si accendesse il sigaro al fuoco dei lampioni, o sfregando fiammiferi su balconi a tre metri da terra, e come Paolo brindasse in osteria con uno speciale bicchiere della capienza di un litro. Come tutte le fiabe che si rispettino, anche la loro ebbe fine, l’eccezionale non ha vita lunga, in nessun campo. Paolo morì in Francia, dove avevano comprato casa, all’età di 26 anni, nel 1914, per cause sconosciute, anche se nella valle i suoi compaesani giurarono che fosse morto di nostalgia per la sua bella terra. Distrutto, Battista accettò di andare in America, ad esibirsi per un mercato che non mostrava i segni di stanchezza della vecchia e cinica Europa, stanca ormai di giganti, e non tanto desiderosa di svaghi con una guerra in casa. Arrivato nella neutrale America, o La Merica, come la chiamava scrivendo a casa, da quel paese così lontano da essere quasi mitico, Battista rinnovò i trionfi, ma era sempre più triste e stanco, e il suo grande cuore si arresto nell’aprile del 1916, a New York.
Nel 1999, l'allora Sindaco di New York, Rudolph Giuliani, ha comunicato ai parenti superstiti notizie certe, tratte dagli archivi cittadini, sulla sorte di Battista, svelando l’ultimo mistero del gigante delle montagne. Fino a quel momento, a tutti piaceva immaginarlo ancora in giro per il mondo, con il suo enorme cappello a cilindro e le scarpe grosse, che piano piano tornava a casa, come faceva da ragazzo, quando tagliava tronchi in Francia.

 

Fonti tratte e rielaborate dall'articolo di Andrea Chiabrando e da testi vari